Mare Chiuso, ce lo racconta Andrea Segre

Con un tempismo sulle circostanze straordinario è uscito in questi giorni nelle sale “Mare Chiuso” il documentario di Andrea Segre e Stefano Liberti, lo abbiamo visto alla presentazione di Treviso.
Segre torna al documentario dopo lo straordinario successo di “Io Sono Li”, lo fa con una storia di respingimenti di migranti, nel periodo in cui il ministro Maroni forte di una maggioranza compatta sulla faccenda, mandò in Libia dall’allora amico Gheddafi tutti i fuggitivi senza distinzione di sorta.
Ne è seguita una sentenza storica della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo che condanna l’Italia all’unanimità, nel film (perchè anche i documentari sono film!) si segue la vicenda dei profughi di nazionalità somala ed eritrea (tra cui bambini e donne in stato di gravidanza) che cercavano di fuggire da condizioni di vita impossibili.
Sono stati consegnati nelle mani degli intermediari libici, veri e propri carnefici che nulla c’entravano nei rapporti tra le parti.
L’Italia in questo si è distinta per non avere fatto nulla di umanamente corretto, non è stato chiesto la provenienza dei migranti, e non è stata data alcuna possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale in Italia. Era un loro diritto.
Nel mentre si vedono le sparate populiste dei politici al governo che per cogliere l’effetto politico si sono affrettati a dichiarare la pericolosità di quei migranti.
Il coup de théâtre di “Mare Chiuso” sta nel finale, dove il documentario si fa film a tutti gli effetti, mostrando l’incontro tra il padre, costretto alle torture dei militari libici, incontra la figlia di due anni mai vista prima, partorita in Italia da una mamma che ha fatto la traversata incinta di 8 mesi.
Parlandone in ristorante al termine della proiezione, il regista Andrea Segre ha ricordato l’intensità e l’emozione di quell’incontro, alla figlia resterà il documento eccezionale dell’abbraccio con un padre finalmente ritrovato.

Andrea Segre intervistato da Emanuele Remoto

D: Mare Chiuso di cosa parla?
R: è un documentario, cinema/documentario, per capire meglio cos’è successo alle persone che hanno subito le politiche securitarie cone l’emigrazione, che cosa hanno subito coloro che sono steti espulsi, respinti..
D: documentario attualissimo perchè ci siamo beccati la multa in questi giorni dalla comunità europea perchè abbiamo fatto cose che non si potevano fare
R: si certo e non solo multa ci siamo beccati una condanna unanime dell’Alta Camera, la Grande Chambre dell’Alta Corte dei Diritti Umani, come dire, l’organo più alto di tutela dei diritti umani all’interno della comunità europea, anzi del consiglio d’europa che è ancora un’Europa più allargata, ha condannato all’unanimità, sono 18 giudici che hanno detto all’Italia che ha agito non solo in modo illegale ma in modo disumano
D: pensa un po’, c’è di che andarne fieri, e tu hai raccolto anche dei filmati fatti coi telefonini
R: si, chiariamo un secondo, Mare Chiuso è stato girato al confine tra Tunisia e Libia, dove io ho girato assieme a Stefano Liberti, che è il coautore, ho incontrato quei migranti che in fuga dalla Libia perchè c’era la guerra a marzo dell’anno scorso, che in realtà erano stati respinti in Libia dalla polizia italiana, dall’esercito italiano, dalla marina italiana in mezzo al mediterraneo, cioè nel maggio 2009 Maroni si era inventato di  respingere i migranti trovati in mezzo al mare e di riconsegnarli alla polizia di Gheddafi, che allora era amico, queste persone furono detenute e torturate, deportate in Libia, poi quando è scoppiata la guerra sono scappate al confine con la Tunisia, li le abbiamo incontrate e ci hanno raccontato come furono respinti, cosa subirono e cosa succedeva dentro quelle navi dove i poliziotti e i marinai italiani avevano avuto l’ordine direttamente dal Viminale di respingere verso la Libia quelle stesse persone che invece scappavano dalla Libia e chiedevano protezione all’Italia,l’abbiamo scoperto quando le abbiamo incontrate e quello che ci hanno detto è diventato Mare Chiuso, non solo ce l’hanno raccontato ma ci hanno mostrato alcuni video fatti da loro stessi, e conservati in queto periodo da loro stessi perchè testimoni, perchè loro erano consapevoli di essere testimoni di quello che era successo e hanno voluto tenere queste prove video e ce le hanno date, sono video in cui riprendono la marina italiana che arriva secondo loro a salvarli, perchè loro speravano di essere salvati, e ci sono le immagini in cui loro sono convinti che la loro vita, mettiamoci nei loro panni dopo quattro giorni in mezzo al mare in una piccola imbarcazione.., fosse finalmente messa in salvo dalla polizia, dalla Marina italiana.. e invece poi furono respinti.
Questi video diventano una prova importante perchè quelle persone possono dimostrare di essere state respinte, e dimostrare questo dopo quella sentenza è molto importante per chi vuole chiedere giustizia e vuole vedere applicata quella sentenza che peraltro prevede anche una compensazione che l’Italia dovrà pagare di 15 mila euro a testa
D: colonna sonora, troviamo degli amici, la Piccola Bottega Baltazar
R: si sono amici artisti con cui collaboro da diversi anni, che hanno fatto un lavoro oltre che di grande qualità, di grande capacità di dialogo col film perchè sono riusciti a intrecciare la musica con sonorità di oggetti che uscivano dal film, c’è una muscia bellissima che hanno creato intorno ad una ninna nanna che una donna somala fa a sua figlia all’interno di una tenda, una musica che hanno costruito attorno ad una preghiera che i migranti fanno durante il viaggio, insomma un lavoro di dialogo con il film che mi è piaciuto moltissimo, e hanno fatto questa scelta con il lancio del film che tutta la colonna sonora è scaricabile dal loro sito che è piccolabottegabaltazar.it
D: Andrea grazie per questa chiacchierata e ci vediamo al cinema.
R: Grazie a voi.

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