Abbiamo incontrato Manuel Agnelli per presentare il nuovo singolo tratto da Padania e per l’occasione ho tirato fuori la maglia dello staff del Tora Tora! Sono passati molti anni da quell’evento e gli Afterhours hanno cambiato pelle diverse volte, sono transitati musicisti e collaborazioni importanti ma è rimasto inalterato lo spirito indipendente della band. Tanto indipendente che questo album se lo sono autoprodotto. Un lavoro importante e urgente, dai toni di denuncia sociale, in un periodo e in un contesto di profonda crisi e trasformazione. Padania è un lavoro che cresce con l’ascolto, all’inizio si rimane stupiti di fronte a Metamorfosi, il primo brano dell’album ha il violino di Rodrigo d’Erasmo coi nervi scoperti e il cantato di Manuel Agnelli non aiuta a familiarizzare con la musica. E’ volutamente irritante. Poi a riascoltarlo si apprezza la cura per i testi, ci si entra dentro, li si capisce. In copertina ho visto l’uomo messo a 90°, se non me l’avessero detto non l’avrei notato però ora lo distinguo nettamente, nella neve sciolta c’è la sagoma di un uomo a 90°, è evidente. L’hanno fatto apposta? Chissà. Padania provoca fastidio, oggi un po’ meno, perchè finalmente s’è visto di che pasta sono fatti quelli che si rovesciavano la pisciatina di Pò in testa per alimentare il misticismo e il folclore nel loro popolo. Un disco diverso dagli altri ma del resto gli Afterhours ci hanno abituato alle sorprese. Sono una band rock e il rock deve scuotere, ce lo dice anche Manuel Agnelli. Il terremoto dei padani, il terremoto quello vero, il crollo delle major. Di questo abbiamo parlato.
Intervista a Manuel Agnelli degli Afterhours a cura di Emanuele Remoto (Radio Base Popolare Network)
D: Buongiorno Manuel
R: Buongiono, ciao a tutti
D: Che piacere ritrovarti in splendida forma, io ho anche la maglietta del Tora Tora! di tanti anni fa..
R: (risata) Bravissimo! Io non ce l’ho più…
D: So che sei impegnato in un tour radiofonico estenuante, con chi hai sforato? (l’intervista ha subito un ritardo)
R: Una radio di Catania..
D: Eh a Catania sono chiacchieroni!
R: No temo di esserlo io, è colpa mia (ride)
D: A proposito, ti hanno chiamato quelli di Radio Padania? (il disco s’intitola Padania)
R: Guarda, ci hanno mandato una mail, per organizzare un’intervista, però noi dobbiamo stare molto attenti a non dare l’interpretazione sbagliata, ne del titolo ne di quello che vogliamo comunicare, non vogliamo parlare di politica, non vogliamo parlare della festa della porchetta contrapposta ad altre cose… Non è questo lo scopo del titolo, anche se eravamo coscienti che un titolo come questo avrebbe provocato fraintendimenti, polemiche, i titoli sono li anche per quello, è la natura del rock and roll, quella di essere pericolosa diciamo, e una band rock’n roll che non crea nessun tipo di pericolo è una band inutile, per cui noi l’abbiamo sempre avuto nel dna questo concetto, e sinceramente anche il fatto di voler rappresentare il concetto del disco i contenuti del disco con questo titolo sapevamo che avrebbe provocato un po’ di scompensi, però in realtà il titolo è li non solo per dare fastidio, anche se dare fastidio è uno degli scopi dell’album, perchè comunicare fastidio adesso nella gente non è cosa facile, però pensavamo che il titolo Padania come visione, e la copertina è li per quello, una terra desolata, la nebbia, l’isolamento, la gente che si alza la mattina pensando che andare a lavorare sia l’unico scopo nella vita, potesse rendere molto bene lo sfondo di quello che volevamo raccontare
D: Un disco difficile, non immediato… Ma del resto nessuno dei vostri dischi è facile…
R: E’ un disco ostico, perchè c’è la voglia di rimescolare le carte, c’è la voglia di rimettersi in gioco dal punto di vista creativo, e di fare le cose in grandissima libertà, e voglia di stimolare chi ci ascolta, ad incuriosirsi rispetto alle cose che abbiamo già fatto, per cui non è solo una cosa nostra, noi speriamo che in questo periodo di crisi dell’industria musicale si aprano tante porte a livello creativo, di solito succede così e sta già succedendo così anche adesso, per cui è il momento di fare dei dischi in piena libertà perchè adesso c’è la piena possibilità di farli, ed è molto importante per un gruppo come noi rappresentare questa cosa, c’è da parte della gente la voglia di ritrovarsi in cose che già sono conosciute perchè in questo modo la gente si conforta, non si sente sola, eccetera, però è anche molto importante non diventare macchiettistici rifacendo sempre le stesse cose, quindi che il pubblico riprenda l’abitudine di scoprire cose nuove, cose che non conosce, ad essere stupito, anche essere stupito negativamente eh… perchè se lo scopo di un gruppo rock come dicevo, è quello di essere pericolosi è giusto rischiare di non piacere, di fare delle cose fastidiose come dicevi tu prima, perchè tutti i gruppi che ci piacciono di
più all’inizio erano fastidiosi, sto pensando ai classici come gli Stones piuttosto che i bluesman o Elvis all’inizio passando per gli Stooges e Suicide, questi gruppi erano molto fastidiosi e molto pericolosi per la gran parte delle persone, adesso sono diventati classici.
D: Beh tra questi gruppi citiamo anche gli Area
R: Certo
D: Molti ascoltando Metamorfosi hanno ritrovato il modo di cantare di Demetrio Stratos, poi ho letto in tue dichiarazioni che ti sei appassionato della musica barbera, allora forse è quello…
R: Si è più quello che Demetrio Stratos, in realtà è normale che la gente vada a riferirsi agli esempi che conosce perchè per carità, gli Area avevano già fatto tutto, poi quando qualcuno canta in maniera poco classica, e canta in italiano, l’esempio più grande è Demetrio Stratos, Demetrio aveva già fatto tutto è inarrivabile, me l’avevano già detto in studio, guarda che ti diranno… Beh pazienza, le influenze sono ben altre, ho ascoltato tantissima roba etnica, per fortuna non tutta è finita nel disco (ride), perchè se no ci sarebbero state cose ancora più beduine però alcune cose che ho ascoltato, per esempio i canti nord africani mi hanno influenzato non poco, più degli Area che sono musicisti che stimiamo moltissimo ma musicalmente ci hanno influenzato poco, ma quello che mi piace di più del raffronto, del paragone, con gli Area è la posizione sociale e politica che avevano loro in quel periodo, forse è un ruolo che i musicisti in questo periodo si stanno riprendendo, i musicisti e gli artisti in generale si stanno riprendendo una funzione sociale e politica che avevano perso.
D: Ed è qui che troviamo l’impegno dei testi di Padania
R: Sicuramente si, ci crediamo fermamente ma non siamo gli unici noi After, ci sono un sacco di gruppi in questo momento che stanno prendendo posizione, gli stessi Teatro degli orrori per esempio, crediamo che sia un momento storico in cui è fondamentale per un’artista in generale prendere una posizione netta, socialmente ma anche politicamente, e soprattutto cercare di rappresentare un piccolo megafono per comunicare, per fare comunicazione sullo stato delle cose, sui sentimenti della gente, su quello che succede, sul panico, su quelle cose che in televisione difficilmente vanno.
D: Esce proprio in questi giorni il singolo Costruire per distruggere, in una fase in cui la Padania ha avuto un bel crollo, c’è un crollo quello vero e più doloroso dovuto al terremoto (e alle case e fabbriche costruite male in anni recenti), c’è il crollo dell’industria musicale, delle major come hai ricordato poc’anzi, è un periodo difficile…
R: sicuramente lo è, non ci voleva la sfera di cristallo per capire che le cose sarebbero andate così, è da tanto che ci sono avvisaglie, certo quest’anno si stanno concentrando un sacco di eventi negativi, da un lato ci fanno soffrire tantissimo e dall’altro forse sono la spinta che ci voleva perchè la gente decidesse di cambiare, perchè la gente finalmente decidesse di prendere una posizione netta, di scuotersi perchè non è più possibile stare suduti sul divano a casa…
D: Cadremo tutti e poi festeggeremo (cit. Costruire per distruggere)
R: Si esatto, li è intesa un po’ diversa, però può essere letta in questo modo, le cadute sono grossi cambiamenti e per quanto possano farci soffrire sono anche un’opportunità di cambiamento, che magari nel periodo in cui le cose vanno bene o benino non si ha il coraggio di fare, perchè pensiamo che non ci convenga o che sia troppo rischioso, in questo momento invece non possiamo scegliere, non siamo noi a scegliere, le cose stanno avvenendo e basta, in quel caso è la liberazione da un nostro dovere interiore, la caduta ci libera dal dovere che ci teneva prigionieri che ci faceva essere persone che non volevamo essere, proprio per senso del dovere o collocazione sociale.
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